Note dell’autore
Viviamo in un’epoca ipertecnologica e frenetica,
dove è richiesto sempre meno lo sforzo di esercitare il pensiero critico.
Siamo tutti sedotti dal fascino delle tecnologie, condizionati dalle culture
del sospetto, del dominio, del controllo, del possesso, dell’insicurezza,
con tutte le complicazioni, subculturali o patologiche, che da ciò derivano:
difficoltà ad immaginare il proprio futuro, vecchie e nuove fobie, ansia,
stress, paranoia, vuoto di sé, stupidità divagante.
Intere generazioni si sono ormai abituate a
ricorrere all’uso del telecomando, sempre a portata di mano, dove lo sforzo
più critico del pensiero è quello d’indovinare qual è il bottone giusto da
pigiare. Giovani, il cui linguaggio, influenzato dai mass media, dai
video games e dalle crisi interpersonali, è sempre più sintetico,
freddo, sganciato dalla realtà reale e persino dalla semantica e dalla
sintassi.
La semiotica pone questo inquietante
interrogativo: i giovani, nel futuro prossimo, riusciranno a pensare in modo
autonomo per più di 30 secondi, l’equivalente della durata di uno spot?
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Sulle tecnologie nelle scienze criminali
Afferma Francesco Sidoti: «L’investigazione
viene svolta da un soggetto naturalmente ignorante, fallibile, spesso
fazioso e superstizioso, sempre sovrastato da un’eccedenza di percezione, in
un contesto storico caratterizzato da una sovrabbondanza incomparabile di
stimoli, d'informazioni, di delitti».
Condivido questa affermazione di Sidoti, per
questo, nelle scienze criminali, mi preoccupano molto i facili ricorsi
all’uso delle tecnologie più sofisticate e moderne. L’investigazione e la
criminologia, nella loro rispettiva metodologia dell’indagine, devono
preoccuparsi, più che a scoprire la “verità”, ad evitare l’errore, più che a
collezionare certezze, a nutrire dubbi. (Dubium sapientiae initium,
“La saggezza inizia col dubbio” affermava Cartesio).
Più che a dare risposte giuste, ci si deve preoccupare di evitare quelle
sbagliate. Più che a rappresentare l’accusa e guardare solo agli elementi di
colpevolezza, si deve agire per difendere la legalità. Più che a presumere
la colpevolezza delle persone, si deve presumere l’innocenza. Più che
pretendere dagli altri il rispetto della legalità, occorre, anzitutto,
rispettarla noi.
Se è condivisibile il pensiero di Karl Raimund
Popper che afferma: «Nessun uomo dovrebbe essere considerato colto, se
non ha interesse per la scienza»; allo stesso tempo, è condivisibile
quello di Kant, quando invita ogni persona ad usare la
propria intelligenza, anziché affidarsi all’autorità di un altro e
considerare la scienza come una sfida; in altre parole, Kant invita a non
accettare, come guida, neppure l’esperto scientifico, addirittura neppure la
stessa scienza.
E’ questa
la doppiezza di pensiero e di guida, che intendo percorrere in quest’opera.
Ha ragione anche il filosofo Bencivenga,
quando afferma: “E’ meglio rimanere fuori al freddo, nella confusione, in
mezzo a problemi aperti e difficoltà senza soluzione, per quanto frustrante
la cosa possa essere. Chi preferisce a tutto questo la sicurezza di una
risposta preconfezionata farà spesso la fine del chimico Ernest Stahl”.
Ecco, allora, un attuale scenario investigativo
che non lascia spazio al dubbio: c’è il sospettato che compie un furto al
secondo piano di un edificio. In tempo reale un poliziotto che guida la sua
auto per recarsi sul posto, può ottenere via web (scaricandosi i dati sul
suo Palmare) quanto d’immaginabile: la planimetria della zona, la
mappa dell’appartamento e dell’edificio, le generalità del proprietario che
sta subendo il furto, i dati statistici e la casistica sul rapporto tra
delinquenti abituali e zona geografica dove il furto sta avvenendo e così
via.
In Inghilterra e negli USA la polizia è molto
informatizzata: mediante appositi software è in grado di tenere sotto
controllo le aree del territorio a rischio criminalità. Con un dato
programma (DUF) tiene conto della relativa vicinanza, studia dove i
delinquenti tendono a commettere i crimini rispetto alle loro residenze e
paragona questi dati ai fattori demografici, a scopo preventivo o di
repressione. In pratica il programma stila una casistica sulla base dei
crimini commessi in una determinata area geografica.
Queste casistiche usufruiscono del supporto
d’altri programmi, per esempio, quelli d’ottimizzazione geografica criminale
(CGT), che aiutano gli analisti del crimine a calcolare relazioni possibili
tra i dati relativi al luogo di residenza e di spostamenti abituali dei
criminali e il luogo dove hanno compiuto dei crimini.
Il programma CGT
si basa sul principio che esiste un rapporto di distanza fra le residenze
dei delinquenti abituali e la micro-realtà dove hanno scelto di delinquere.
Questi delinquenti, come tutti, conducono le loro attività in modo abituale,
all'interno di una micro-realtà geografica che conoscono bene. Il programma
CGT parte dal presupposto che chi delinque non lo fa nel luogo dove risiede,
ma dove opera come criminale.
Un analista del crimine, usando uno di questi
programmi, traccia una zona di caccia, individua la micro-realtà dove i
delinquenti agiscono in modo abituale o incontrano le loro potenziali
vittime. Ad ogni punto, all'interno di questa zona, il programma assegna una
probabilità d’essere quella la residenza del delinquente.
Accanto a ciò, la polizia americana, per prima,
ha ideato uno studio basato sul principio di rendere visibile su una mappa
tutti i crimini commessi nel territorio rappresentato. Questa tecnica è
definita “mapping crime” e si avvale di software particolari.
Il programma raccoglie dei primi dati, detti layer: le mappe del
territorio, rendendo visibili edifici, strade, parchi, ecc. Il primo layer è
la mappa che visualizza la strada, poi l’edificio e il numero civico. Un
secondo layer, dettato dal sistema satellitare Geographical Information
System (GIS), focalizza un particolare e poi il dettaglio sulla mappa
digitale (nell’edificio s’individua il singolo appartamento, negozio, scuola
o altro).
Oggi, così come per fare la spesa non è più
necessario recarsi fisicamente al supermercato, perché è sufficiente la rete
internet, allo stesso modo si possono condurre determinate indagini stando
seduti dietro un computer in rete.
In internet, per esempio, trovi siti,
che ti forniscono in scala la mappa della tua città. Puoi trovare la
cartografia, che ti consente di raggiungere il palazzo della persona che
cerchi e, quindi, di pianificare le perquisizioni mirate o il controllo
zonale.
Il servizio telematico dell’Unioncamere
consente agli abbonati di ottenere in tempo reale tutte le informazioni
sulle imprese e gli imprenditori che occorrono: il bilancio, i protesti
cambiari, i dati fiscali e tributari, fallimenti, ecc.
Il sistema Cerved Business Information
ti consente di poter ottenere in tempo reale le informazioni su un’impresa,
in termini di solvibilità ed affidabilità.
Questi sono semplici esempi che evidenziano bene
come la tecnologia è sempre più invasiva e seducente. L’ingegnere Serni,
conversando con me, a riguardo afferma: «E' comodo ricevere puntualmente
bollette precise, però allora sei schedato all'ENEL, all'acquedotto e
all'azienda del gas. Ma può essere di conforto il fatto che un'integrazione
di tutte queste fonti d’informazione non possa prescindere dal concetto di
"significato": i vari archivi-dati contengono oceani d’informazioni... il
che è come affermare che non contengono alcuna informazione immediatamente
disponibile. Bisogna che ci sia qualcosa che, a quel mare d’informazione,
dia un "significato", e decida cosa è rilevante, e cosa no. Per definizione
quel qualcosa non può essere che una mente umana».
Attribuire il significato ad un significante è
compito della semantica, quindi dall’ingegneria informatica ci spostiamo
alle scienze umane. Allora occorre dire che, se da una parte queste
tecnologie risolvono dei problemi, automaticamente ne aprono degli altri. Le
tecnologie, come il linguaggio, non sono mai neutre. Da una parte,
consentono di catturare il farabutto o di far pervenire la bolletta
puntuale, grazie a delle schedature dei cittadini, dall’altra, però, e mi
riferisco alle scienze criminali, si sacrifica un pezzo di libertà e di
rapporti umani. L’investigatore superdotato, quasi bionico, rischia di
subire il fascino della comodità ed anziché ragionare per problemi,
sfruttando la propria intelligenza, rischia di abituarsi a pensare in
termini sommari, di statistica o in modo approssimativo.
Immaginiamo queste logiche bioniche in una
famiglia. Supponiamo che per essere sicuro che tuo figlio fili dritto o che
tua moglie non ti tradisca, decidi di impiantare microtelecamere che li
seguono ovunque. Poi non basta vedere, ma si deve anche sentire,
pianificare, prevedere ed, infine, reprimere...
In tutti questi casi hai perso: perché sei uno
spione, perché sei incapace di farti rispettare ed amare. (Così come, lo
Stato non può penalizzare ogni patologia, altrimenti reprime tutto ma non
previene nulla).
La logica dell’uomo-bionico, sempre più
efficiente e spione, preparato, dotato di tecnologie d’assalto e sottili, è
una logica tanto comoda quanto cinica e povera d’umanità, perché
sacrifica i rapporti umani. Si rischia di avere uomini macchina con macchine
al posto del cuore. Uomini, in altre parole, incapaci di provare empatia, di
mettersi nei panni dell’altro di sé; uomini,
socialmente freddi, determinati o spietati.
Diceva Charlie Chaplin:
«La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha
trasformato in cinici, l'abilità ci ha resi duri e cattivi, pensiamo troppo
e sentiamo poco. Più che macchinari ci serve umanità, più
che abilità ci serve bontà e gentilezza, senza queste qualità la vita è
violenza e tutto è perduto».
Ciò per dire, che il Paese più felice non è quello che ha il maggior numero
di uomo-bionici, di uomini spioni e boriosi, ma quello che non avverte la
necessità di averli.
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Sul tema della realtà virtuale?
Perché mi sono posto il problema della realtà
virtuale nelle scienze criminali? Perché la tecnologia è conoscenza,
soprattutto quella più complicata e moderna che ha effetti molto seducenti
sull’uomo, rendendolo pigro e forse anche un po’ ebete. In questo caso, mi
riferisco alle cosiddette Tecnologie del pensiero
(Allen Newell/Herbert Simon), vale a dire a quegli strumenti cognitivi che,
direttamente o indirettamente,
contribuiscono a favorire dei mutamenti
materiali, posto che ogni mezzo che ha effetti materiali è da ritenersi
tecnologia.
Sono d’accordo con Tomás Maldonado, quando
afferma: «Accanto agli sforzi per rendere sempre più vicine al vero le
rappresentazioni della realtà (e quindi rendere più reale il
virtuale), è in atto il tentativo opposto, quello in altre parole di
rendere più virtuale il reale, mettendo in discussione la stessa materialità
dei materiali di cui gli oggetti sono costituiti. In altre parole, una
virtualizzazione che assume le forme di una dematerializzazione dei
materiali».
In questo libro il dottor Carrozzino, ricercatore
al Dipartimento di Robotica PERCRO, presso la più prestigiosa università
scientifica d’Italia, Sant’Anna di Pisa, riesce a descrivere molto bene
questa tecnologia. La nostra riflessione da criminologi deve però andare
oltre la tecnologia e la descrizione sull’efficacia.
Maldonado chiama in causa gli studiosi di
Semiotica in questo compito, perché occorre riflettere su questo fenomeno
della perfezione dell’illusione, posto che i
mass-media ne propongono una caricatura. Lo stesso Carrozzino è cauto,
persino nella definizione stessa della realtà virtuale, mediando tra le
definizioni che prende in prestito da una ricerca su internet.
Eppure, i mass-media presentano la realtà
virtuale come qualcosa di definito, che invade la vita quotidiana di tutti
noi. Tuttavia, come osserva Gelernter, il fatto che ancora oggi non tutto
sia virtualizzato, non può esimerci dal poter escludere a priori che in
futuro questo non sia invece possibile.
Indossare la tecnologia virtuale immergendosi dal reale al virtuale, genera
una serie di scompensi riguardo al fenomeno della percezione tra finzione e
realtà. Io posso divenire un supereroe se indosso il costume tecnologico
(come Batman o Superman) e, finché mi immergo nel virtuale, combatto e vinco
ogni sfida. Cresce in me la consapevolezza illusoria che sono bravo,
potente, invincibile. Ogni sfida corrisponde ad un punteggio e poiché i
numeri sono infiniti si cerca la perfezione, la sfida cresce, si tenta d’autoelevarsi
ad un traguardo superiore. Maggiore è la perdita di contatto con la realtà
reale (che rispetto la virtuale, ci appare deludente, frustrante,
angosciante, impegnativa, perché l’evento delle cose non dipende da un
quadro matematizzato in un sistema tecnologico computerizzato, ma dalla
natura e dagli uomini, che io non controllo come posso controllare una
tecnologia) e maggiore è in me la perfezione dell’illusione. La tecnologia
del pensiero ritengo che vada studiata sotto una duplice forma: da una
parte, va studiato chi la usa e perché, dall’altra, vanno studiati tutti i
cambiamenti causati dalla VR nei soggetti che la usano (S. Fortunato, 2006).
Se paragoniamo la VR agli effetti dei mezzi di
comunicazione di massa, allora ritengo che possiamo ri-formulare almeno tre
teorie:
Saverio Fortunato, 2007
Note
Cartesio
(1596-1650), riteneva che è vero ciò che è evidente, ciò che non può
essere messo in dubbio. Il suo scetticismo metodologico rifiuta come
falsa ogni idea che può essere revocata in dubbio. “A parte i nostri
pensieri, non c'è nulla che sia davvero in nostro potere”.
Il suo vero nome era
René Descartes, filosofo, era conosciuto anche con il nome
latinizzato Renatus Cartesius, in Italia modificato in Cartesio. Fu
considerato uno dei più grandi e influenti pensatori nella storia
dell'umanità, suo è il famoso detto: “Cogito ergo sum”
(penso dunque sono).
Ermanno Bencivenga,
I passi falsi della scienza, Garzanti, Milano 2001.
Georg Ernst Stahl
(1660-1734) chimico e medico Tedesco, propose la teoria del
flogisto, alquanto vaga ed errata, ma che fu presa sul serio per
circa un secolo dai chimici e fisici. Fu solo tra il 1770 e il 1790 che
Antoine-Laurent Lavoisier fu in grado di confutare questa teoria,
dimostrandole la fallacia.
Cfr. Rossmo, D.K. (1995) “Posto, spazio ed indagini della polizia:
Cercare i criminali violenti di serie, in J.E. Eck e nel D. Weisburd (Eds.).
Per eseguire
l’analisi dei rapporti nello spazio di variazione, si può usare il
software GWR. Il software GWR è sviluppato dal Dott. A. Stewart
Fotheringham, Martin Charlton e Chris Brunsdon.
Questa tecnica investigativa è resa evidente, ed utilizzata molto bene,
nella commedia televisiva seriale “24”, vincitrice di 16 Emmy Awards e 2
Golden Globes, prodotta da Real Time Production in associazione con
Twentieth Century Fox Film Corporation srl, diretta da Paul Shapiro,
interpretata magistralmente da Kiefer Sutherland (Jack Bauer), dirigente
del Centro antiterrorismo americano (CTU), impegnato a tutelare
l’incolumità del sen. David Palmer, candidato alla Casa Bianca prima.
http://www.sistemi/.com/accinfod.nsf/cat_cerved.htm
Le forze di polizia possiedono un sistema informativo interforze (CED),
che consente ormai di interagire con le banche dati della Corte di
Cassazione, della Gazzetta ufficiale, dell’Unioncamere, della Banca
d’Italia, dell’A.C.I., della Motorizzazione Civile, della Telecom.
Charles Chaplin, “The great dictator” (Il grande dittatore), film
scritto, diretto, interpretato e prodotto da Charles Chaplin durante la
seconda guerra mondiale, con grande umanità e coraggio. Sul finale del
film, Chaplin, a causa della sua somiglianza fisica con Hitler (i
baffetti, la statura, ecc.), per una serie di equivoci e di gag, si vede
costretto a dover parlare al posto del dittatore davanti una folla
oceanica di tedeschi. Il suo discorso, carico di umanità, è anticipato
dalla presentazione di un militare nazista, che invece semina odio ed
intolleranza contro gli ebrei ed a favore del principio della
superiorità della razza ariana.
«Mi dispiace, ma io non voglio
fare l'Imperatore, non è il mio mestiere, non voglio governare né
conquistare nessuno, vorrei aiutare tutti se possibile, ebrei, ariani,
uomini neri e bianchi, tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre,
dovremmo godere soltanto
della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l'un l'altro. In
questo mondo c'è posto per tutti, la natura è ricca, è sufficiente per
tutti noi, la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo
dimenticato. L'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il
mondo nell'odio, ci ha condotti a passo d'oca fra le cose più abbiette,
abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La
macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha
trasformato in cinici, l'abilità ci ha resi duri e cattivi, pensiamo
troppo e sentiamo poco. Più che macchinari ci serve umanità,
più che abilità ci serve bontà e gentilezza, senza queste qualità la
vita è violenza e tutto è perduto. L'aviazione e la radio hanno
riavvicinato le genti, la natura stessa di queste invenzioni reclama la
bontà nell'uomo, reclama la fratellanza universale, l'unione
dell'umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel
mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un
sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente
innocente. A coloro che mi odono, io dico, non disperate! L'avidità che
ci comanda è solamente un male passeggero, l'amarezza di uomini che
temono le vie del progresso umano. L'odio degli uomini scompare insieme
ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e
qualsiasi mezzo usino la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non
cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi
dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi
irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi
consegnate a questa gente senza un'anima, uomini macchina, con macchine
al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete
bestie, siete uomini!
Voi avete l'amore dell'umanità nel
cuore, voi non odiate, coloro che odiano
sono quelli che non hanno l'amore altrui. Soldati! Non difendete la
schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di S. Luca è scritto –
"Il Regno di Dio è nel cuore dell'uomo" – non di un solo uomo o di un
gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini. Voi ,voi il popolo avete la
forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità, voi il
popolo avete la forza di fare che la vita sia bella e libera, di fare di
questa vita una splendida avventura. Quindi in nome della democrazia
usiamo questa forza, uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che
sia migliore, che dia a tutti gli uomini lavoro, ai giovani un futuro,
ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati
al potere, mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo
faranno! I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavi i popoli.
Allora combattiamo per mantenere quelle promesse, combattiamo per
liberare il mondo, eliminando confini e barriere, eliminando l'avidità,
l'odio e l'intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo
in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere.
Soldati, nel nome della democrazia siate tutti uniti!
Hannah puoi sentirmi? Dovunque tu sia
abbi fiducia. Guarda in alto Hannah le nuvole si diradano, comincia a
splendere il sole. Prima o poi usciremo dall'oscurità verso la luce e
vivremo in un mondo nuovo, un mondo più buono in cui gli uomini si
solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro
brutalità. Guarda in alto Hannah l'animo umano troverà le sue ali e
finalmente comincerà a volare, a volare sull'arcobaleno verso la luce
della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te,
a me, a tutti noi. Guarda in alto Hannah, lassù».
Da qualche anno a Calenzano (Firenze) presso l’Art Hotel Mirò, teniamo
dei Seminari di Scienze criminali: magistrati, professori universitari e
specialisti apportano il loro pensiero agli allievi, per lo più
ispettori di polizia. I Seminari sono
promossi dall’associazione CSI-Periti e Consulenti Forensi
di Firenze e da Criminologia.it (www.criminologia.it).
Suddivisi in
ciclo di incontri, il primo, è stato così strutturato: le mie lezioni
sono incentrate sulla metodologia della teoria dell’indagine, partendo
da una riflessione sul niente, che in quanto ni-ente coincide col nulla
ed il nulla con l'essere o il non-essere. Ciò, per evidenziare che anche
per parlare del nulla è richiesta una competenza del ragionamento, a
maggior ragione se poi si vuole dire al giudice "qualcosa di qualcosa".
Inoltre, muovo una critica al
tessuto epistemologico della perizia neuropsichiatrica forense o
criminologica clinica, come tentativo di ricondurla a dei criteri di
scientificità. Giuseppe Guida (professore di
filosofia) affronta la critica epistemologica alla psichiatria ed
al mito della follia.
Monica Jacqueline Magi
(Giudice del tribunale di Livorno) affronta il tema dell'attività
investigativa giudiziaria disposta dal P.M., arricchendo la
lezione con esempi di casi giudiziari. Fausto Malucchi (penalista
del foro di Pistoia) evidenzia le lacune legislative e le difficoltà
culturali, con cui l'avvocato difensore deve scontarsi con taluni P.M.
che faticano a comprendere le istanze relative alle indagini difensive,
giacché spesso le percepiscono come un’interferenza o vera invasione di
campo. Carlo Casini spiega la terzietà del giudice, affermando
che il giudice deve essere "terzo" non solo nei confronti delle parti
processuali, ma anche rispetto se stesso. "Si dica tutto dei processi",
sostiene Casini, "ma sui media non si pubblichi il nome dei giudici,
così come non si pubblica quello dei minori. Bisogna evitare che si
formi un bisogno di notorietà e di costruzione della carriera attraverso
essa". Aldo Giubilaro (Sostituto Procuratore Generale presso la
Corte d’Appello di Firenze), affronta la problematica del
consenso informato nel campo chirurgico e poi sul tema della perizia e
falsa perizia. Alessandro Nocetti (penalista del foro di
Pistoia), in sintonia con Malucchi, parla delle indagini
difensive nella fase preliminare delle indagini; ”Francesco Sidoti (Presidente del Corso di laurea in Scienze dell’
Investigazione all’Università di L’Aquila), mette in evidenza
come nel nostro Paese, ogni giorno, c'è un assassino che la fa franca ed
un innocente che è accusato ingiustamente; in questo sistema l'errore
investigativo e quello giudiziario danneggiano sempre l'innocente,
quindi, non ci può essere investigazione se non c'è democrazia. Nella
società democratica c’è una diversità di ruoli dell’investigazione:
l'Intelligence è ante-factum e costruisce, inventa la "verità", mentre
l'Investigazione è post-factum ed insegue la realtà senza manipolarla.
Dice Sidoti: “Ci sono vari livelli di conoscenza, le cose che sappiamo e
quelle che non sappiamo, ma poi ci sono anche, soprattutto, quelle che
non sappiamo di non sapere, che sono le più importanti per il destino
dell'Uomo e della Nazione”. Alessandro Gheraldini (Giudice per la
Indagini Preliminari presso il Tribunale di Pistoia), mette in evidenza
il ruolo e la ratio della figura del Giudice per le Indagini
Preliminari, spesso erroneamente confuso con il Pubblico Ministero,
mentre deve garantire una sua autonomia soprattutto nella valutazione
della consistenza della prova accusatoria. Simone Puccini
(penalista del foto di Pistoia) si sofferma sul concetto del
"ragionevole dubbio", che ha origine nel codice della California, ma che
trova un riferimento applicativo nel secondo comma dell'art. 530 del
nostro codice di procedura penale. Giacomo Dentici
(Questore di Prato) affronta il tema
delle nuove forme di criminalità, in
rapporto allo sviluppo sociale, moderno e tecnologico, con un'attenzione
umanitaria verso quei reati che in città generano allarme sociale.
Ai seminari insegnano anche Leonardo
Serni, Marcello Carrozzino e il giudice Carlo
Casini, che in questa pubblicazione collaborano con un rispettivo
saggio.
Cfr.: Tomás Maldonado, Reale e virtuale, Feltrinelli, Milano
2005, p. 13.
T. Maldonado, op, cit., p. 79.
G. Galernter, Mirror World, Oxford Univesity Press, Oxford, 1991 citato
in: Reale e Virtuale, T. Maldonado, op. cit. p. 51.
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