Filosofia delle scienze criminali
A proposito della conoscenza e della contemplazione del pensiero di Saverio Fortunato
di Dott. Giuseppe Maggio
(Dottore in Scienze Economiche, Maresciallo Guardia di Finanza)
 

 

Nel libro senso e coscienza nelle scienze criminali,  il prof. Saverio Fortunato, a proposito della conoscenza e della contemplazione, testualmente, scrive: "Ci deve essere una demarcazione tra la conoscenza e la contemplazione". Poi, proseguendo: “Catalogare, incasellare, inquadrare, etichettare, attribuire nomi o marchi alle cose, alle condotte, ai comportamenti, ai pensieri, allo spirito, all’anima, ai fenomeni non è scienza; Socrate sosteneva che la migliore forma del sapere è il sapere di non sapere. Queste indicazioni  sono importanti, sul senso gnoseologico del termine  sapere, perché si lega al presupposto della consapevolezza dei propri limiti.  Socrate affermava che  proprio il fatto di essere consapevoli della propria non conoscenza,  spinge l’uomo a sforzarsi di raggiungere la conoscenza: se si è convinti di sapere già tutto non ci si sforzerà a migliorare.
Nel corso peritale di grafologia forense di Calenzano, il prof. Fortunato ha sempre rimarcato ciò che si legge nel suo Nuovo Manuale di Metodologia Peritale: "L'atteggiamento dello spirito del ricercatore scientifico è scettico e dubbioso, per questo è essenziale in ogni indagine, se si vuole arrivare a qualche conoscenza. Fortunato, dunque, riprende Socrate. Difatti il filosofo Socrate affermava: l’interesse verso il mondo umano, la non curanza per l’indagine naturale, il ripudio a qualsiasi scienza precostituita  accomuna la teoria a sostegno  che il confronto dei diversi punti di vista è giustificabile soltanto come veicolo di ricerca che valga a far pervenire al vero.
Al crepuscolo dei secoli trascorsi dal periodo socratico nelle lezioni si è sempre inteso concepire la discussione delle attività tra periti  tutt’altro che trasversale, affinché si assuma il carattere di indagine comune caratterizzata dal confronto con se stessi e dal reciproco chiarimento razionale. Nell’esaminare  le attività peritali opposte, nel corso del confronto, è necessario mettere il perito  di fronte alla contraddittorietà delle sue opinioni, qualora siano sostanzialmente false per indurlo alla ricerca del sapere vero. Nella sostanzia dei comportamenti e di  fronte a certe infondatezze dell’avversario, lo stesso Socrate si proclama ignorante e nel contempo suo ammiratore in quanto successivamente con abili domande ne rimette in discussione le certezze al fine di provocarne la crisi interiore; un disorientamento che si concreti nella consapevolezza dei limiti personali, nella coscienza dell’ignoranza che sottende al falso sapere.
Se nella ricerca si volesse riportare anche il metodo dell'ironia usata da Socrate per far partorire la verità, allora non va intesa nel processo peritale nel senso di una presa in giro dell’avversario, ma come momento demolitorio che precede la ricerca vera e propria del sapere, al pari della levatrice che con la sua arte, la maieutica, aiuta la nascita del bambino, così deve fare il vero maestro con chi si trova impegnato nel travaglio del superamento dei propri limiti per acquisire il sapere.
L’induzione nel pensiero socratico riguarda il sapere teorico. Accanto a questo possiamo porre il sapere pratico, che presiede all’esercizio delle varie arti ed è costituito dalla competenza di chi lo possiede, misurabile dalla capacità di agire in funzione dei fini utili.
E’ con grande soddisfazione che puntualizzo che se si vuole apprendere un’arte, si sa in partenza a chi rivolgersi, cioè al maestro d'arte, all'artista . Il rapporto tra virtù e scienza si pone in questi termini: la virtù, cioè la condotta buona, presuppone la scienza del bene, in quanto non si può agire virtuosamente se non si conosce il bene verso cui la condotta si finalizza, anzi si può asserire che la virtù si identifica con la conoscenza-scienza del bene.  Chi  conosce il bene lo attua in quanto lo conosce, è necessariamente virtuoso, non solo, ma qualora possegga una sola virtù in effetti li possiede tutte, perché, il bene, ha  carattere universale di tutte le virtù ed  è fondamento dell’intellettualismo etico. Alle affermazioni del Prof. Fortunato : Colui il quale  è conscio della propria ignoranza è più saggio di coloro che continuano a professare la loro sapienza  Questa è la teoria della dotta ignoranza, le cui origini si fanno risalire all’affermazione di una pizia ( sacerdotessa dell’oracolo di Delfi ) che ebbe a dire “ Socrate è l’uomo più saggio di tutti “ , “ non dobbiamo avere periti investigatori sapientissimi, come lo erano i Sofisti ma consapevoli della lezione Socratica di sapere di non sapere “, rapporto la  scienza del ragionare continuo tradotta in opera fattiva : conoscere il bene è fare il bene. Ne consegue che si commette il male per ignoranza del bene e non per volontà esplicita: è impossibile fare il male volontariamente, essendo impossibile volere il “proprio male “e così il vizio è in realtà involontario. Chi sbaglia  per debolezza morale o per falso ragionamento, il male viene considerato come un bene, e cioè perché si ritiene di riuscire a diventare felici con un certo tipo di ragionamento: la falsa valutazione del bene si dimostra ingannevole e ne fa le spese chi ne è responsabile e spesso questi ultimi  rimangono impuniti.

 

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© Criminologia.it 14.10.09