PROF. SAVERIO FORTUNATO - SPECIALISTA IN CRIMINOLOGIA CLINICA

Prof. Dott. Saverio Fortunato
Specialista in Criminologia Clinica con specializzazione conseguita alla Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell'Università
degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Docente al Corso di Laurea Scienze dell'Investigazione dell'Università di L'Aquila
Miembro del Comité Cientifico y de Apoyo Docente-Master (España)
 

Saverio Fortunato

Nuovo manuale di metodologia peritale
CRIMINOLOGIA CLINICA, PSICHIATRIA FORENSE
GRAFOLOGIA FORENSE, ERMENEUTICA,  EPISTEMOLOGIA

Questo libro è la nuova edizione, modificata ed aggiornata, del primo Manuale di metodologia peritale pubblicato con Ursini Edizioni nel 2004. L'idea della prima edizione era nata da uno sviluppo della mia tesi di specializzazione in criminologia clinica, discussa alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Modena, sul tema: "Scienze dello spirito e scienze criminali, per una critica epistemologica alla perizia neuropsichiatrica forense, in tema di sospetto nell'abuso all'infanzia, come tentativo di ricondurla a criteri di scientificità, con ragionamento d'indagine a base logica", relatore prof. Ivan Galliani, ordinario di Neurologia e Psichiatria forense.

La nuova edizione si è resa necessaria per l'evolversi della tecnica, dello studio e della ricerca sulle scienze criminali.

La realtà peritale che s'incontra nei tribunali, spesso, è "Terra di nessuno". Nel campo clinico si tende a confondere la diagnosi con la perizia; nel campo tecnico si riesce a dire ai magistrati tutto e il contrario di tutto e, talvolta, persino con la stessa relazione, sostituendovi la sola copertina. Mi è capitato, infatti, nel campo della grafologia peritale, come consulente del giudice, di ritrovarmi davanti sempre la stessa relazione, utilizzata da due signore, una volta per affermare un risultato di vero e un'altra di falso, ora a nome di una consulente ora di un'altra. E' anche capitato che una CTP (difensore di una banca) mi offrisse delle scritture comparative come autografe, pur non essendo tali, in modo che io, comparando il falso con il falso, giungessi inevitabilmente ad un risultato di vero!

Offrire ai periti e consulenti una metodologia del metodo della ricerca non significa pensare di avere periti sapientissimi, come lo erano i Sofisti, ma periti consapevoli della lezione socratica di "sapere di non sapere", giacché è questo l'atteggiamento del vero ricercatore scientifico.

L'atteggiamento della ricerca scientifica nasce col dubbio, lo stesso Cartesio diceva: "Il dubbio è l'origine della saggezza". 

Nell'attività peritale sussiste una patologia, giacché non solo c'è una impreparazione scientifica e metodologica, alla base di chi spesso si dice esperto di qualcosa, ma sovrastano una serie di regole non scritte, che finiscono col fare giocoforza con chi s'improvvisa perito.

Spesso si è propensi a ritenere che un CTU ottiene ragione più perché è CTU (ossia, nominato dal giudice) che per quello che dice.

Poi c'è il linguaggio peritale pseudoscientifico che merita richiamare, perché la metodologia è la capacità di produrre un linguaggio meno vago possibile ed ancorato al rigore logico.

Una CTU ha dato al giudice la risposta al quesito di vero o falso, in termini di "ragionevole certezza ed alta probabilità".

Questo linguaggio forma la frase accostando in modo improprio ed arbitrario parole di per sé sensate ed intelligenti. Ma anche i componenti di un ordigno, se presi singolarmente, sono innocui, il problema poi è nell'accostarli e nello scopo.

Se il giudice come risposta al quesito dovesse avere un risultato altamente probabile, anziché certo, allora potrebbe tranquillamente fare a meno di chiamare il perito, facendo risparmiare soldi alle casse dello Stato. Sarebbe sufficiente, statistica alla mano, mettere due biglietti in un sacchetto, vero o falso, per estrarne uno a sorte. In questo modo si ottiene il 50% di probabilità che il risultato è esatto.

E' del tutto evidente, allora, che il perito serve per avere una certezza, non una probabilità.

Nel gioco del Lotto, grossolanamente, si ritiene che i numeri ritardatari abbiano un'alta probabilità che escano. In realtà, però, il fatto che si giochi un numero ritardatario, questo ha le stesse probabilità che esca di ogni altro numero. Quindi, la risposta data al giudice di "alta probabilità", sul piano scientifico, è una non-risposta perché lascia il quesito irrisolto e fermo a prima che gli conferisse l'incarico.

L'altra insidia ascientifica, frutto di un'idiozia linguistica in perizia, è la risposta al quesito in termini di  "ragionevole certezza". L'effetto suggestivo di questa frase ad effetto è che, all'orecchio del giurista, richiama l'eco del "ragionevole dubbio" del diritto penale.

Tuttavia, mentre il ragionevole dubbio è utilizzato dai giuristi al negativo come forma garantista (ossia, si deve dimostrare la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, perché se sussiste un dubbio si assolve), la risposta al quesito peritale, data in termini di ragionevole certezza, è al positivo (ossia, se c'è la ragionevole certezza che. la firma è falsa, allora si condanna). A rigor di metodo e di logica è una non-risposta, perché per la logica, di una proposizione si può dire o che è vera o che è falsa, non è ammessa una terza possibilità: tertium non datur!

Altra impresa ardua è quella di far capire, ai periti grafo-illogici, che non si possono fare le indagini di accertamento tecnico sulle foto-copie.

Nella logica il vero o il falso è solo in rapporto a ciò che è autenticamente vero, non viceversa né altro. La foto-copia è copia di qualcosa, ossia di un originale x, se non si produce l'originale x e il perito non ne prende visione, come fa a stabilire che la fotocopia che si esamina è copia-fotostatica di x e non di una alterazione (la fotocopia della fotocopia della fotocopia) e manipolazione costruita ad arte?  Nel dubbio, occorre restituire l'incartamento al giudice, perché non si può fare la perizia sull'incerto per renderlo con l'immaginazione peritale "certo".

A tutto ciò dobbiamo aggiungere i pareri approssimativi, come avviene, per esempio, nelle perizie medico-legali, quando si cerca di risalire all'ora della morte della vittima, individuandola in un arco di tempo oscillante dalle ore x alle ore y. Il che è un dire tutto e niente perché, a seconda che poi il dato lo legga l'accusa o la difesa, confermerà/smentirà o consentirà di costruire questo o quel castello accusatorio.

L'approssimazione, come risposta peritale, non ha nulla di scientifico. Il perito scientifico deve saper rispondere al quesito di vero o falso in termini di certezza, usando un linguaggio meno vago ed arbitrario possibile, sapendo però, che nelle scienze, ciò di cui non si conosce, occorre tacere.

Se l'ingegnere costruisce un ponte, deve avere lui e, darla a noi, la certezza che almeno per 20 anni il ponte regge quando ci passeranno sopra le automobili o arriverà un forte vento. Non può rispondere in termini approssimativi o vaghi.  Il perito, che vuole vincolare il suo linguaggio tecnico a criteri di scientificità, deve acquisire la consapevolezza sia dei limiti del proprio sapere e sia della conoscenza[1], ma nello stesso tempo deve, altresì, dare la risposta al giudice in termini di "certezza". Il che non significa dare la risposta giusta, ma evitare quella sbagliata, allontanandosi il più possibile dall'errore.

 Grazie all'epistemologia di Popper possiamo dire che la scienza stabilisce con certezza solo ciò che è falso, ma sul vero dobbiamo ritenerlo tale finché non si dimostra che è falso. Il vero è un vero provvisorio, ma finché non si dimostra che è falso va creduto con certezza: se l'ingegnere ci assicura che il ponte regge, noi lo costruiamo.

Di Trocchio, nella sua opera "Le bugie della scienza"[2], scrive: <Da qualche tempo anche imbrogliare è diventata una scienza. Proporrei di chiamarla imbrogliotica o meglio, come suggerisce Tullio De Mauro, imbroglionica>. Dirò dell'altro nel testo su questi concetti, ma qui richiamo come materia dell'imbroglionica la psicodiagnosi grafica, che è un non-senso per essenza. In pratica, è il medico (pediatra, cardiologo, ecc.) quando s'improvvisa grafologo[3] e parla di grafopatologia o altre amenità.

Come questo libro argomenta ampiamente, la psicodiagnosi grafica sostiene che, attraverso la scrittura, questi medici sono in grado non solo di capire la psicologia di chi scrive (che di per sé è già un dire!), ma persino la tendenza a delinquere, la stitichezza, i disturbi sessuali (pedofilia e parafilie) e chi più ne ha più ne metta, approfittando dell'autorità che sono medici.

L'errore grossolano in cui incorrono è che attribuiscono alla scrittura un significato di statico e di  prevedibile, mentre per sua natura, la scrittura è dinamica e variabile. La scrittura di una persona, infatti, non solo varia da momento a momento, ma persino nello stesso istante in cui si completa una parola. La variabilità la rende di per sé imprevedibile, anche se è del tutto ovvio che chi ha fretta scrive veloce, chi è calmo scrive lento, chi ha avuto una paralisi al braccio non scrive per nulla e chi ha avuto una botta in testa non tiene il rigo base di scrittura: ma dov'è l'assunto scientifico nell'ovvietà?

La grafologia deve limitare il suo campo d'applicazione nell'accertamento della paternità di una scrittura (che di per sé è già un compito difficile). Deve abbandonare l'aspetto interpretativo in chiave psicologica (che costituisce una condizione necessaria, ma insufficiente per dare al giudice un giusto responso) e, ancor di più, psicosomatica, per farsi condurre sotto la criminologia clinica, come ormai teorizzo da anni, attirandomi non poche antipatie.

Nel campo scientifico non è sufficiente conoscere le cause per affermare di conoscere qualcosa che da quelle cause ha avuto origine. Occorre la competenza del ragionamento, posto che qualunque idea perde il senso o ne acquista un altro rispetto a quello originale, se non segue dei principi e non descrive le strutture ed i caratteri fondamentali della realtà.

La psichiatria non può occuparsi di crimini scambiando la diagnosi con la perizia e utilizzando un linguaggio tra metafora e realtà per costruire una spiegazione di ciò che osserva e non ne comprende le cause. Dovrebbe usare più logica, ermeneutica ed epistemologia e meno DSM attraverso cui classifica anche l'inclassificabile, sotto la voce "disturbi non altrimenti classificabili".

Nella relazione causale, attribuire un significato a un significante è un compito semantico e d'interpretazione, non di "cura". La "scienza" dell'interpretazione è l'ermeneutica, non la psichiatria.

Il ragionamento peritale dello psichiatra quindi, oltre che da esperto, deve essere metodo-logico.

Il punto fermo di questo testo, difatti, è che la logica non è scienza, ma non c'è scienza senza logica, per questo occorre conoscerla ed applicarla.

In sintonia con questo pensiero che vado diffondendo, merita lode l'interpellanza parlamentare dell'On. Francesco Paolo Lucchese, che ho pubblicato in appendice. Finalmente si comincia a comprendere che la parola crimine rimanda a criminologo e non a psicologo (termine composto da psiche=anima e logós=discorso) o psichiatra (psiche=anima e iatria=cura).

Merita lode anche l'arringa pregevole che ho pubblicato della dottoressa Tiziano Siciliano, Sostituto Procuratore presso la Procura di Milano, in tema di pedofilia. Pronunciandola in un processo penale, contro un papà accusato ingiustamente da uno scenario di fantasia, ha concluso chiedendo il rinvio a giudizio degli assistenti sociali, poliziotti e periti che nel primo grado avevano costruito l'accusa sul nulla, facendo condannare un povero padre. Sono pagine che non esiterò a chiedere ai miei studenti all'esame e che raccomando di studiare a tutti i periti e consulenti.

In questo testo mi avvalgo di alcuni contributi di autorevoli magistrati e specialisti, che lo rendono uno strumento ancora più utile e necessario nel campo peritale forense. Ringrazio, quindi: i giudici Carlo Casini e Cesare Marziali, il dottor Roberto Cestari, i colleghi Giuseppe Guida e Francesco Marinelli Andreassi, il mio assistente alla cattedra, capitano Marco Capparella.

Un ringraziamento affettuoso va al prof. Francesco Sidoti,  per le parole dedicatemi nella prefazione. Parole che per me hanno un grande valore, giacché provengono da un professore, criminologo di formazione sociologica, il quale -voglio ricordare- ha fondato per primo in Italia il corso di laurea in scienze dell'investigazione e ha consentito alla criminologia di non soccombere sotto la psicologia e la psichiatria, discipline teoriche che non conoscono i limiti del proprio sapere.


Note

[1] Per  un approfondimento su questo aspetto, rimando al mio testo "Senso e conoscenza nelle scienze criminali", di Saverio Fortunato, edizioni Colacchi, L'Aquila 2007.

[2] Di Trocchio Federico,  Le bugie della scienza, Mondadori,  Milano 2000, p. 364.

[3] Nulla di male che il medico decida di fare il grafologo, anzi, è da incoraggiare questa scelta, ma in perizia deve essere credibile perché ancorato a criteri di scientificità, non perché è medico, posto che persino la medicina non è una scienza ma è arte medica.

Criminologia.it 2007