DI DR. MAURIZIO CULICCHI SAVERIO FORTUNATO

 

Criminologia e Investigazione
Fortunato, sulla logica e sull'euristica
di Dott. Maurizio Culicchi
(Dottore in Scienze dell'Investigazione, Isp. Polizia di Stato)

 

Uno delle argomentazioni scientifiche di Saverio Fortunato che, sin dall’inizio, ha maggiormente attirato la mia attenzione è stata quella con cui il professore, affrontando il problema del ragionamento a base logica, pone in stretta relazione la perizia scientifica e la logica matematica.

E’ proprio Fortunato, in un passo del suo manuale di metodologia peritale, a dire: “...in matematica si ragiona proprio con l’uso della logica”, traendo da questa affermazione la conclusione secondo la quale “...se ogni matematico è uno studioso di logica allo stesso modo un perito scientifico non può sfuggire alla conoscenza della logica”.

Esaminando attentamente, alla luce degli scritti di Fortunato, questa ultima affermazione, ci rendiamo conto di non trovarci al cospetto di una costruzione logica in senso stretto, visto che la premessa non è affatto legata alla conclusione, bensì alla presenza di un articolato costrutto dialettico basato su tutta una serie di convinzioni, peraltro abbondantemente elencate, spiegate e chiarite nelle varie edizioni del manuale di metodologia peritale ed in altri testi e scritti dello stesso autore.

E’ lo stesso Fortunato, in un’altra parte del suo manuale Fortunato, a definire le proposizioni come frasi di senso compiuto che consentono di affermare se un qualcosa è vero o falso.

La parola proposizione, vista in quest’ottica, ha certamente un significato molto più esteso e complesso di quanto non possa emergere dalla semplice definizione letterale.

Fortunato fa giustamente risalire il concetto di proposizione ad Aristotele, che ebbe a definirla in questo senso, tuttavia, se leggiamo attentamente il suo testo, notiamo che il professore, ad un certo punto, aggiunge anche la frase “per primo”  lasciando intendere che  Aristotele fu il primo, ma non l’unico, a dare un senso a questa definizione.

In effetti, interpretando estensivamente il passo del professor Fortunato, non possiamo non ricordare come il merito di aver dato più ampio respiro al concetto di proposizione vada attribuito ad uno dei più grandi logici di tutti i tempi, spesso paragonato per spessore allo stesso Aristotele, creatore di quella posizione teorica che, assegnando alla logica il ruolo di fondamento della matematica, prese per l’appunto il nome di logicismo.

Stiamo parlando di Friedrich Ludwig Gottlob Frege, logico e filosofo tedesco, vissuto a cavallo della seconda metà dell’800 e la prima del ‘900, considerato padre della logica matematica moderna e della filosofia analitica.

Azzardando una prima considerazione potremmo legittimamente chiederci se Fortunato (fermo restando il sommo rispetto per la logica aristotelica) sia sostanzialmente d’accordo con Frege che, dopo oltre venti secoli, portò a compimento la sostituzione della vecchia logica aristotelica genere-specie, con la nuova logica delle funzioni e degli argomenti mutuata dalla matematica.

Se il professore è d’accordo, propendiamo per un ragionevole .

Postulando, potremmo affermare che, se pure vanno bene strutturazione della logica, sillogismi e principi logici di stampo aristotelico, per una correlazione della matematica con la perizia intesa in senso scientifico occorre rivolgersi a concezioni più moderne e paradossalmente ancora più logiche.

Procedendo per sintesi, una concezione fortemente anticognitivista alla Frege unita ad una stretta osservanza delle regole di corrispondenza e coerenza logica che il professore, tornando indietro nel tempo di pochi anni rispetto a Frege, ha mutuato da George Boole ed in particolare dalla sua opera più importante An Investigation of the Laws of Thought, on Which are founded the Mathematical Theories of Logic and Probabilities del 1854, nella quale il matematico e logico britannico propose una nuova impostazione della logica riconducendo le composizioni degli enunciati a semplici operazioni algebriche.

Tiranneggiati come siamo dal breve spazio a disposizione, crediamo di poter affermare che, in linea di massima, le fonti di ispirazione del professore il quale, non dimentichiamolo, ha sperimentato, primo tra tutti, l’assimilazione del ragionamento logico matematico all’indagine peritale di tipo scientifico, vadano ricercate all’interno di questa linea di pensiero.  

Tuttavia Fortunato non è un matematico e, come già proficuamente sperimentato per altre scienze, anche dalla matematica estrae ed utilizza solo ed esclusivamente quello che gli serve applicandolo alla sua idea personale di perizia scientifica e di scienza in senso esteso.

A questo punto necessita un doveroso inciso per dissolvere ogni malevola interpretazione.

A chi leggendo venisse in mente di pensare che esplorare, estrapolare ed utilizzare, nella sostanza ispirarsi e prendere spunto da scienze, saperi e teorie simili o diverse sia poco scientifico o poco ortodosso, suggerirei di documentarsi sulla genesi della teoria della relatività di Einstein, della teoria dell’evoluzione della specie di Darwin, della teoria dell’attualismo [i], magari immaginando Aristotele che al lume di candela legge interessato, annuendo e sottolineando, il Della natura di Parmenide.   

Fine del doveroso inciso, torniamo al filo del discorso.

Ci torneremo ragionando sul fatto che Fortunato, se da una parte prende in prestito dal logicismo quello che gli serve, ad uso e consumo della sua ambiziosa costruzione teorica, dall’altro sa benissimo, non tacendolo, che Frege nell’ultima parte della sua vita fu messo in chiaro enpasse da Bertrand Russel il quale, proponendogli la notissima antinomia [ii] del paradosso del barbiere [iii], di fatto lo costrinse ad ammettere le carenze del programma logicista e questo ancora prima che Kurt Godel con i suoi due teoremi di incompletezza chiudesse la questione, dimostrando che lo scopo perseguito da Frege non era raggiungibile.

E’ probabilmente per gli stessi motivi che il professore, se da una parte afferma la necessità di rivolgersi all’algebra boolena dicendoci che la logica peritale deve essere a due valori V o F avvicinando in questo modo esplicitamente la matematica moderna al tertium non datur, dall’altra non dimentica di citare nel suo manuale, solo in nota ma in maniera significativa, le logiche polivalenti a tre o più valori di verità.

Sempre nell’ambito della linea di pensiero relativo all’uso dell’algebra boolena, nel manuale non manca neppure un riferimento preciso all’informatica, nel particolare una risposta sostanzialmente negativa, senza la necessità di ricorrere al test di Turing, sulla questione se una macchina possa essere o meno in grado di pensare.

Probabilmente Fortunato, pur ponendosi il problema, lo elimina rapidamente facendo proprio, talmente proprio da non ritenere neppure opportuno citarlo, l’esperimento mentale della stanza cinese ideato da John Searle. [iv]   

Semmai, volendo proprio disquisire, si potrebbe obiettare sulla definizione del professore secondo la quale le macchine intelligenti in realtà sono stupide.  

Una affermazione che suona un po’ in contraddizione con il concetto del V o F in quanto, dicendo che una macchina non è intelligente ma stupida si apre la strada ad una stupidità sempre minore che nel tempo potrebbe trasformarsi in intelligenza.

In sostanza la negazione di un attributo non escluderebbe, anzi avvalorerebbe logicamente l’ipotesi, che nel concetto generale di macchina quell’attributo possa esistere.

Ci domandiamo se quella del professore sia stata una semplificazione lessicale puramente pratica dovuta al diverso argomento trattato o, molto più semplicemente e banalmente, ad esigenze di carattere editoriale oppure una via di uscita elegante, chiamiamola pure una acrobazia dialettica, per non chiudere la porta in maniera definitiva alla macchina logica assoluta che, almeno dal punto di vista della logica moderna di stampo anticognitivista, potrebbe avvicinare la mente all’hardware ed il pensiero umano al software.

D’altronde non stiamo parlando solo di fantascienza, di Arthur C. Clarke e 2001, Odissea nello spazio (ricordate Hal9000?) o di Isaac Asimov ed I, Robot, (ricordate le tre leggi della robotica ed i problemi logici che via via si dipanano dall’applicazione delle medesime?) ma anche di funzionalismo, di Hilary Putnam e Jerry Fodor.

Abbiamo cercato di fare un breve e veloce excursus, certamente incompleto ma significativo limitatamente agli scopi di questo brevissimo articolo, sulle basi della concezione matematica che Fortunato cita ed usa per la costruzione della sua teoria scientifica.

Quello che mi piacerebbe fare a questo punto è dilettarmi nel fare lo stesso ragionamento del professore, ma applicandolo alla scienza dell’investigazione, elaborando l’affermazione di Fortunato citata in inizio di capitolo dopo averla modificata in questo senso: “se ogni perito scientifico deve essere uno studioso di logica allo stesso modo un investigatore non può sfuggire alla conoscenza della logica”.

Interpretando la frase in chiave di domanda sarebbe scontato rispondere affermativamente, spegnere il computer e andare in spiaggia.

In effetti prendendo per buona una qualunque delle tante definizioni scolastiche di logica, ad esempio, “Studio dei metodi e dei principi che consentono di distinguere i ragionamenti corretti da quelli scorretti” appare fin troppo evidente che, altro che investigazione o indagine criminale, la logica è necessaria anche per fare la spesa al supermercato o per comprare le ciabatte, valutando i vantaggi delle infradito rispetto alle Crocs  e viceversa.

Decisamente troppo facile, tanto da rendere necessaria una drastica ritaratura del problema che non può limitarsi alla semplice risposta alla semplice domanda, ma necessita di una ragionamento più complesso.

Abbiamo detto più volte che stante identiche finalità (raggiungimento di una “verità“ [v] giudiziale) stesso ambiente operativo (per l’appunto quello giudiziario, almeno in questo tipo di investigazione) ed una metodologia in larga parte sovrapponibile, perizia scientifica ed investigazione sono sostanzialmente diverse almeno in una fondamentale caratteristica: nel punto di partenza.

La perizia parte infatti da una o più domande, precise e circostanziate, che prendono in esame elementi fondamentali, spesso strutturali e fondanti, dell’intero problema, diversamente dall’investigazione che parte esattamente da lì, dall’intero problema.

La questione non è da poco se si considera l’attenzione che persino Karl Raimund Popper nei suoi scritti e nel corso delle sue lezioni, mentre pensava una nuova epistemologia, dedicò alla questione quando, ad esempio, scrisse che: “... per risolvere i problemi occorre l'immaginazione creatrice di ipotesi o congetture; c'è bisogno di creatività, della creazione di nuove idee, buone per risolvere il problema”, andando ben oltre, nella sua diatriba contro il positivismo logico ed in particolare contro Wittgenstein, allorché non esitò ad inserire nella genesi delle idee addirittura la vituperata metafisica, argomento tabù per i neopositivisti (e non solo per loro).

Qualunque perito scientifico, anche uno come Fortunato che ha più volte dichiarato, esplicitamente ed implicitamente, la sua vocazione falsificazionista di stampo popperiano, costretto come è dal quesito del giudice, può al massimo provare una punta di invidia per una simile vastità di possibilità, ma nulla di più.

Condividiamo quindi, prima dal punto di vista dell’affinità caratteriale che da quello della metodologia scientifica, l’idea di Fortunato di lavorare proprio sull’orgogliosa accentuazione delle differenze.

In sostanza, dando per scontato che la logica debba essere patrimonio comune, voi (investigatori) divertitevi pure con le vostre inferenze logiche creative mentre noi (periti scientifici) ci spostiamo dalla parte della matematica; freddo rigore logico ed autodisciplina per raggiungere lo stesso risultato … e ci vediamo al traguardo….     

Ovviamente questo non è il pensiero di Fortunato, ma solo una chiave di lettura personale che, salvo contrario avviso del Professore, potrebbe tuttavia avere un qualche fondamento di verità.

Questa intricata e complessa sequenza che partendo dalla logica ed attraverso passaggi successivi ci ha portato ad unire il matematico, il perito scientifico e l’investigatore ci porta direttamente alla vera questione che sostanzialmente potrebbe essere posta nei termini seguenti.

Fortunato ci ha spiegato come il perito scientifico cerchi la logica attraverso (anche) il rigore della matematica.

Abbiamo visto come questa tecnica metodo-logica, in ambito peritale, sia resa più agevole dalla limitatezza dell’orizzonte del problema, circoscritto a domande specifiche.

Per chi, affascinato da grandi orizzonti, considerasse il termine “limitatezza” nella sua accezione negativa, facciamo notare come lo stesso Fortunato ci conforti in questa affermazione quando, trasformando in insegnamento quella che ad una mente ingenua potrebbe apparire come una forma di costrizione, scrive: “...Il perito nel rispondere al giudice deve rimanere ancorato al contenuto del quesito ed ignorare quanto si pone fuori dalla relazione proposizione/fatto”.

Forse sbagliamo nel dire che Fortunato tenta in tutti i modi, uso della matematica compreso, di focalizzare l’uso sistematico della logica sulla porzione più delimitata ed asettica possibile del problema?

Dando ciò per scontato, la domanda successiva non può che essere la seguente: perché lo fa?

Lasciamo perdere traumi infantili, indagini della personalità e tecniche psicoanalitiche perché sappiamo che il professore ama molto queste tematiche ma è poco propenso a confondere il piacere con il dovere.

Potrebbe allora essere una questione di metodo.

Ma questa non è una risposta,  tutt’al più una conseguenza.

Una mia ipotesi è che Fortunato, facendo proprio il paradigma della Social Cognition, se ne  allontani poi il più velocemente possibile attraverso l’elaborazione di una metodo-logia metodo-logica basata in buona parte sull’uso della matematica preceduta da una decontaminazione dagli agenti patogeni esterni finalizzata alla eliminazione, per quanto possibile, sia dei processi top-down (schema driven) derivanti da concetti, teorie, conoscenze già presenti in memoria che dei processi bottom-up (data driven) desumibili dall’analisi dei dati provenienti dalla percezione.

Qualcuno, primo tra tutti lo stesso Prof. Fortunato, potrebbe obiettare che la Social Cognition, anche se al momento rappresenta il paradigma scientifico più accreditato nell'ambito della psicologia sociale, è soltanto una delle teorie che riguardano il problema della conoscenza della realtà sociale.

Ci mancherebbe altro che abbandonassimo il terreno rassicurante del socratismo per avventurarci in affermazioni oltre le righe, l’obiettivo che ci eravamo prefissi, prendendo come esempio questa teoria, era semplicemente quello di esaminare una sfaccettatura della realtà, una interpretazione, comunque settoriale ma significativa, del problema della eliminazione della interpretazione soggettiva dal campo, in questo caso specifico, della analisi peritale scientifica.

Ma se, come ebbe a titolare Robert Hopcke, “nulla succede per caso” eccomi qua a rendere doverosamente conto del perché sono giunto proprio alla Social cognition partendo da Fortunato ed in particolare dalla sua piccola, gioiosa, ossessione per la matematica applicata alla ricerca peritale.

L’assonanza delle idee ha preso il via dal tentativo di avvicinare, per quanto possibile, perizia ed investigazione dal punto di osservazione della matematica, ed in quest’ottica la Social Cognition mi è semplicemente servita (questo è un innocente stratagemma che ho imparato dal professore, non posso negarlo) per introdurre il concetto di euristica.

Come noto le euristiche (termine introdotto da Kanheman e Tversky che tanti studi dedicarono a questo argomento) altro non sono che scorciatoie del pensiero, più tecnicamente strategie cognitive, che permettono ad ogni singolo individuo di emettere giudizi, ricavare inferenze dal contesto, attribuire significato alle situazioni e prendere decisioni a fronte di problemi complessi o di informazioni incomplete, superando quel limite strutturale del sistema cognitivo umano che, proprio in quanto strutturalmente impossibilito a risolvere i problemi utilizzando processi algoritmici, usa le euristiche al pari di efficienti strategie per semplificare decisioni e problemi.

Stabilito che il perito scientifico, almeno nella interpretazione di Fortunato, ha tutto l’interesse a tenere il più possibile a distanza le euristiche, sfruttando al massimo delle sue possibilità le pur limitate capacità algoritmiche del sistema cognitivo umano, potrebbe essere plausibile affermare che l’investigatore debba invece cercare di utilizzare al meglio il sistema euristico?

Sperando che una eventuale risposta se non proprio positiva perlomeno dubitativa in qualche modo accontenti la maggior parte dei lettori ed il Direttore Fortunato in primo luogo, proseguo nel mio ragionamento, individuando alcuni punti cardine.

1.      l’euristica nell’investigazione può essere utile in quanto, pur producendo prestazioni non sempre accurate, spesso consente di fornire risposte abbastanza soddisfacenti (salvo poi sottoporle a rigorose verifiche)  quali conseguenze del funzionamento naturale del sistema cognitivo umano.

2.      Il ricorso alle euristiche è tanto più probabile nelle situazioni in cui gli individui devono impegnarsi nell’elaborazione di giudizi complessi in presenza di fattori che diminuiscano l’accuratezza dei processi cognitivi (stanchezza, necessità di dover prendere decisioni immediate, mancanza di tempo, tensione, confusione, accumulo di stress sono solo alcuni degli elementi perturbanti che possono facilmente presentarsi nella vita professionale di un investigatore)

3.      Nell’ottica di questo breve scritto le euristiche potrebbero poi rendersi necessarie anche sulla base della considerazione che il tentativo di matematizzazione che Fortunato sta portando avanti per la perizia scientifica sia di difficile applicazione nella scienza dell’investigazione visto che, per quanto si possa ridurre il contesto del problema investigativo, non sarà mai possibile processare algoritmicamente tutte le possibili soluzioni.

A questo punto va però fatta una considerazione e cioè che, proseguendo su questa linea, ci andremmo ad allontanare progressivamente ed inevitabilmente dal campo di azione del Professor Fortunato.

Visto il contesto e soprattutto lo spazio gentilmente concesso dobbiamo, per forza, riavvicinarci al Professore e lo faremo dal versante dell’errore.

Cominciano applicando, sulla fiducia, un assioma necessario per dare un minimo di base stabile a questa digressione: un sistema logico matematico, se correttamente applicato sulla base di assiomi corretti, è superiore, sul piano della riduzione dell’errore, ad un sistema di logica naturale che si basi sull’euristica.

Detto questo prendiamo in esame le principale euristiche, così come le andiamo a citare, integrandole a nostro uso e consumo, dal testo Social Cognition della Università di Urbino [vi], laddove si parla di vantaggi e disfunzioni del ragionamento sociale.

 

Euristica della rappresentatività (Quanto è rilevante l’esemplare A per la categoria B?)

Consente di ridurre la soluzione di un problema inferenziale ad un’operazione di giudizio semplice. Viene utilizzata per stimare la probabilità che si verifichi un determinato evento; in particolare, per decidere se un certo esemplare appartiene a una determinata categoria.

Il criterio utilizzato per decidere è quello della rilevanza o somiglianza, mentre viene trascurata la probabilità di base, causa dell’errore sistematico più frequente.

Indicativi in questo senso gli esperimenti di Tversky e Kahneman (1974) e successivamente quelli di Fischoff e Bar-Hillel (1984) che dimostrarono come i profili fortemente stereotipati erano in grado di contrastare, fino ad annullarle, le probabilità a priori fornite ai soggetti

Euristica della disponibilità (Quanto probabile e frequente può essere un certo evento?)

Utilizzata per valutare la frequenza o probabilità di un determinato evento, si basa sulla facilità e rapidità con cui vengono in mente esempi che fanno riferimento alla categoria del giudizio in questione. La stima di frequenza di un evento può essere influenzata dalle tendenze sistematiche utilizzate nella ricerca di informazioni, dalla particolare immaginabilità di un particolare evento e dal riferimento al sé.

Gli errori più comuni riguardano la sovrastima dell’ampiezza del campione, la sovrastima di eventi salienti strani o estremi, la sovrastima dei propri contributi e la sovrastima delle opinioni in accordo con la propria.

Per fare alcuni esempi (si tratta della sintesi di studi di vari scienziati reperiti quà e là sul web) il disoccupato, frequentando e conoscendo altri disoccupati, tenderà a sovrastimare il numero dei senza lavoro rispetto alla persona occupata così come la stragrande maggioranza delle persone tende a sovrastimare il numero dei morti in incidenti aerei o ferroviari rispetto ai morti in incidenti stradali esattamente come accade per il numero dei morti per omicidio o attentato terroristico rispetto a quelli per problemi cardiocircolatori. E che dire delle liti in ambiente domestico quando uno qualunque dei due coniugi sistematicamente sovrastima il numero delle volte che si è alzato di notte per rimboccare le coperte al bambino (Ross e Sicoly – 1979) senza contare il “...cara/o ... eppure dovresti saperlo che tutti la pensano come me!”  (in tutta onestà quest’ultimo non è uno studio reperito sul web)

 

Euristica della simulazione (Quanto facilmente può essere ricostruito un ipotetico scenario?)

Non è una euristica a sé, ma costituisce una variante dell’euristica della disponibilità.

E’ utilizzata per immaginare scenari ipotetici relativi a come potrebbero evolversi o avrebbero potuto evolversi certi eventi

La simulazione mentale di come certi eventi avrebbero potuto svolgersi nel passato, o pensiero controfattuale (“se non fosse successo così…”), ha importanti implicazioni per il giudizio sociale e le reazioni emotive ad eventi drammatici.

Kahneman e Tversky (1982) notarono la tendenza a prevedere nelle persone reazioni emotive più intense di fronte ad accadimenti negativi quando era possibile immaginare scenari alternativi che avrebbero potuto evitarli.

Lo stesso accadeva per le manifestazioni di intensa gioia in presenza di eventi positivi quando era facile immaginare percorsi alternativi.

 

Euristica di ancoraggio e accomodamento (Quanto sono corretti i processi di stima di un valore a partire da un dato valore iniziale?)

In situazioni di incertezza, per emettere un giudizio, le persone tendono ad ancorarsi ad una conoscenza nota accomodandola sulla base di informazioni pertinenti.

I propri tratti, le proprie credenze ed i propri comportamenti rappresentano spesso punti di ancoraggio per il giudizio sociale.

In questo caso l’errore più comune riguarda la sovrastima del punto di partenza.

Molto indicativi in questo senso gli studi condotti in ambito statunitense (Chapmane Bornstein, 1996; Kalvene Zeisel, 1966; Raitzetal. 1990; Zuehle, 1982) che hanno mostrato come, nel decidere l’entità di un risarcimento danni, la richiesta della parte lesa fungeva da ancora per la giuria [vii].

 

Sulla base di quanto sopra detto e partendo dalla definizione scolastica di euristica, vista la limitatezza di quello che è e deve rimanere solo un ragionamento localizzato e ristretto, si potrebbe giungere ad evidenziare, in linea di massima, una conclusione generica ed altrettanto scolastica sull’uso delle euristiche, del tipo:

Vantaggi – economia cognitiva ed efficienza nella maggior parte dei casi

Svantaggi – produzione di giudizi sistematicamente tendenziosi in certe condizioni.

Si può ipotizzare una prima affermazione intermedia affermando come l’euristica soddisfi almeno due parametri fondamentali, patrimonio delle scienze dell’investigazione.

Nel particolare:

1)   I vantaggi in termini di economia cognitiva ed efficienza tipici delle euristiche uniti alla sostanziale libertà di interpretazione dei segnali provenienti dal contesto consentono di comprendere nella scienza dell’investigazione anche altre inferenze logiche quali, ad esempio, induzione ed abduzione, ostiche oltre che a Popper, tanto per citare uno dei più noti avversatori di tali inferenze, anche a Fortunato che le considera lontane dalla sua concezione di scienza, almeno in senso peritale.

2)   Gli svantaggi legati alla produzione dei giudizi sistematicamente, o anche solo molto probabilmente, errati ci può aiutare a capire quanto scrive Sidoti nel suo Investigazione e scienze umane, allorché nel capitolo dedicato agli errori e distorsioni cognitive afferma, tra le altre cose, che “… l’errore è spesso non soltanto involontario e spontaneo, ma fisiologico, poiché siamo elaboratori di informazioni condannati a distorsioni interpretative della più svariata origine”.  

Sperando che questo ragionamento possa essere perlomeno considerato come una fonte di dubbio e come tale preso in considerazione, si potrebbe a questo punto azzardare di porre una questione.

Se Fortunato, nella scienza peritale, ci insegna a lavorare utilizzando la matematica per restringere al massimo il nostro campo di azione con il fine di allontanarci il più possibile dall’errore è possibile, per la scienza dell’investigazione, seguire un ragionamento opposto accettando la presenza dell’errore come parte stessa della teoria, riflettendo ed agendo direttamente sulle cause generanti l’errore stesso?

Tanto per fare un esempio, se nei casi di infanticidio puntare immediatamente sulla madre (o sul marito nei casi di uxoricidio) rappresenta il filone di indagine certamente più probabile, efficiente ed  economico oltre che statisticamente probabile, potremmo legittimamente continuare a farlo, mantenendo però ben chiara la convinzione che potrebbe trattarsi di un errore o almeno che vi siano concrete probabilità che poi alla fine si riveli tale, e questo non perché siamo poco abili o poco intuitivi, diciamo poco detective, ma perché, come ci ha detto Sidoti, siamo limitati nella conoscenza, inclini all’errore, alla dismisura, alla faziosità, alla progettualità dissennata e spropositata.

Se poi, in ambito gnoseologico, ai sopraccitati limiti umani individuati da Sidoti aggiungiamo l’impossibilità di applicare all’investigazione la logica a tutto tondo di Fortunato e i difetti del sistema euristico uniti, non di rado, alla voglia di protagonismo, al desiderio di apparire, al narcisismo e carrierismo, all’opportunismo, a sensi di colpa, all’effetto alone ed al bisogno di coerenza (questi sono ragionamenti di Fortunato) si può ben immaginare come l’errore giudiziario diventi praticamente inevitabile, almeno su base statistica.

Qualcuno potrebbe dire: “bella scoperta, un lungo ragionamento per arrivare ad una conclusione scontata”.

Obiezione accolta, d’altronde non pretendendo di avere ragione e rivendicando il mio sacrosanto diritto ad avere torto [viii] non intendo proseguire oltre nel tentativo improvvido di dare soluzioni o risposte su questo argomento.

Fortunato invece ci prova, perseguendo questo obiettivo nel campo della perizia scientifica.

Come conclusione, e come riflessione personale, penso che Fortunato, in quanto perito scientifico, abbia più possibilità di avvicinarsi alla migliore riduzione possibile dell’errore, di quante non ne abbia l’investigatore.

Non solo perché i problemi che lui affronta sono più circoscritti, ma anche perché, proprio per questo,  può meglio amalgamare i diversi saperi, scienze e conoscenze con il fine di ridurre e limitare il più e meglio  possibile gli effetti delle interferenze negative.

Non mi sembra di dire nulla di nuovo o particolarmente ardito affermando che un accorgimento utile, in campo investigativo, potrebbe essere quello di aumentare i sistemi di controllo e le strategia di verifica, ovviamente non solo in senso tecnico-giuridico ma anche dal punto di vista della formazione logico-scientifica degli investigatori, sia a livello operativo delle forze dell’ordine che al livello della magistratura.

Nella sostanza abituando l’investigatore tout court non solo a riconoscere i ragionamenti errati o a rischio o a valutare le possibilità di errore ma anche a capire da quali limiti della mente, dei meccanismi di elaborazione delle informazioni e della ragione umana essi vengono generati e perpetuati.


 

Note

[i]  Pubblicata nel 1830 da Charles Lyell in Principles of Geology, considerato il testo inaugurale della moderna geologia, è  una interpretazione rigorosa e scientifica delle idee di James Hutton, precedentemente poco comprese e forse mal spiegate

[ii] Particolari tipi di paradosso basati sulla compresenza di due affermazioni contraddittorie entrambe dimostrabili e giustificabili. Incubi ricorrenti di logici e matematici arrivarono a mettere in crisi il principio di non contraddizione e per questo furono vigliaccamente accantonati e bollati di fallacia per diversi secoli. Le più note antinomie sono quella di Epimenede e quella di Russell. Quest’ultima in particolare ebbe un effetto devastante sulla teoria di Frege ed un effetto propulsivo sulla ricerca che ha portato poi alle logiche polivalenti. E la storia non è certo finita qui…

[iii] Sinteticamente:  “In un villaggio in cui vive un unico barbiere è emanata un'ordinanza che vieta agli uomini di farsi crescere la barba e precisa che il barbiere, e soltanto lui, è autorizzato e obbligato a fare la barba solo a coloro che non si radono da soli. Chi rade il barbiere?". Se lo avete risolto senza cadere in contraddizione … complimenti .. avete appena  inventato un nuovo tipo di logica.  

[iv] John Searle presentò l'argomentazione della Stanza cinese nel suo articolo "Minds, Brains and programs" (Menti, cervelli e programmi) pubblicato nel 1980.  http://members.aol.com/NeoNoetics/MindsBrainsPrograms.html

[v] “verità” non a caso virgolettata e in corsivo al fine di evidenziare tutte le incertezze su un termine che in ambito gnoseologico pone tutta una serie di problematiche ben al di fuori (… e al di sopra) di questo breve scritto.

[viii] Liberamente tratto della frase “Un bambino diventa adulto quando si rende conto che non ha diritto solo ad aver ragione ma anche ad aver torto” attribuita al Prof. Dr. Thomas Szasz, non a caso uno dei Presidenti onorari di Criminologia.it.

 

© Criminologia.it 22.08.08